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Mendelssohn, Moses.

Filosofo tedesco di origine ebrea. Acquisì una profonda conoscenza dell'Ebraismo sotto la guida del rabbino Fraenkel, grazie al quale si trasferì nel 1742 a Berlino. Qui proseguì gli studi e acquistò una vasta cultura filosofica e letteraria. Strinse rapporti di amicizia con i massimi illuministi tedeschi, legandosi in particolare a Lessing, che già dal 1754 lo aiutò a pubblicare i suoi primi scritti e ne apprezzò particolarmente lo spirito di tolleranza religiosa. Lessing si ispirò a M. per la composizione del suo dramma Nathan il Saggio, mentre successivamente M. difese la memoria dell'amico dall'accusa di spinozismo e ateismo mossagli da Jacobi. Nel 1763, con l'opera Sull'evidenza nelle scienze metafisiche, vinse un concorso bandito dalla Reale accademia delle scienze di Berlino, al quale partecipò anche Kant, con il quale fu poi spesso in polemica. Del 1767 è la pubblicazione del Fedone o dell'immortalità dell'anima, un rifacimento del dialogo platonico in cui M., che rimase sempre ebreo osservante, tentò di dare una dimostrazione razionale dei principi etici di Socrate e della natura incorruttibile dell'anima umana. In favore della comunità israelita alsaziana fece pressioni su Luigi XVI affinché venissero concesse leggi che tutelassero gli Ebrei dai soprusi e a questo scopo scrisse Gerusalemme o sul potere religioso e sul giudaismo (1783), il suo scritto più famoso, in cui affermò la propria fede e rivendicò una piena libertà di coscienza. M. fu uno dei maggiori rappresentanti, insieme con Garve ed Engel, dei cosiddetti "filosofi popolari", quel gruppo di pensatori tedeschi che verso la metà del 1700 si ripromisero di rendere accessibili i principi dell'Illuminismo anche a coloro che non erano cultori di filosofia in senso tecnico, con la formulazione di teorie derivabili dalla semplice applicazione del senso comune. Fu assertore della religione naturale e su questo tema venne in contrasto con l'ortodossia giudaica. La sua metafisica peraltro non presenta elementi di particolare originalità, in quanto ripropone in forma eclettica il pensiero di altri filosofi illuministi come Locke, Leibniz o Wolff; per quanto riguarda la sua dimostrazione dell'esistenza di Dio contenuta nell'opera Ore del mattino o Lezioni sull'esistenza di Dio (1785), essa fa propria la vecchia prova ontologica di ascendenza anselmiana (V. ANSELMO D'AOSTA, SANTO), secondo cui non sarebbe compatibile con la perfezione dell'essere divino una semplice possibilità di esistenza non realizzata. Se il pensiero di M. non risulta particolarmente originale, decisamente più importante e ricca di conseguenze fu la sua filosofia della religione e il ruolo svolto dall'opera di M. nella formazione dell'Ebraismo moderno e liberale. L'Ebraismo per M. non è una religione rivelata, ma una legislazione rivelata, e come tale non può entrare in conflitto con la ragione, poiché è una dottrina che si identifica con la religione naturale comune a tutti i popoli, e non può quindi provocare crisi di coscienza. M. ebbe grande importanza per la storia dell'Ebraismo: tradusse in tedesco i testi della Bibbia, contribuendo all'integrazione delle comunità ebraiche all'interno della società europea, e diede origine alle comunità israelitiche riformate, cui appartiene ancor oggi la maggior parte degli Ebrei della diaspora, che assunsero un atteggiamento meno rigido rispetto alle leggi ebraiche. Tra le altre opere di M.: Conversazioni filosofiche (1755) e Lettere sulla sensazione (1757) (Dessau 1729 - Berlino 1786).